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Un piccolo grande museo dedicato all’arte realista russa a Mosca

Scopriamo il museo del realismo russo, capace di ospitare in un’area di più di 4.500 metri quadri circa 500 opere d’arte dell’arte russa e sovietica del XX secolo

MILANO – L’Istituto dell’Arte Realista Russa è una delle più significative realtà museali private della Federazione. Nata circa dieci anni fa, la raccolta si è trasformata nel 2011 in un vero e proprio museo, nel quale sono conservate e parzialmente esposte – in un’area di più di 4.500 metri quadri ricavata negli spazi di una vecchia fabbrica di tessuti nel distretto moscovita di Zamoskvorechye – circa 500 opere d’arte dell’arte russa e sovietica del XX secolo, dall’ultima fase del periodo zarista fino ai giorni nostri.

LA COLLEZIONE PERMANENTE – Il museo si articola in tre piani. Al piano terra il tema è la vita quotidiana della Russia, in particolare delle campagne. Gli artisti da Viktor Kalinin ad Alexei Sukhovetsk da Vladimir Teli a Nikolai Zaitsev da Andrei Mylnikov, a Boris Ugarov rappresentano sia la scuola di Mosca che quella di Leningrado, ma anche realtà più marginali come Sergiev Posad, Yaroslav, Vologda o Vladimir. Il tratto caratterizzante è la “Madre Russia” che diventa, come in letteratura, una delle espressioni ideali della cultura russa, rappresentata dallo spazio, dall’ambiente naturale e dalle abitudini quotidiane che soppiantano i paesaggi idealizzati accademici.

ARTE SOVIETICA – Al secondo piano è rappresentata l’arte sovietica della seconda metà del XX secolo attraverso gli artisti dell’Accademia dell’ Arte Russa : Gely Korzhev, i fratelli Sergei and Alexei Tkachev, Viktor Ivanov, Petr Ossovsky, Dmitry Zhilinsky e Tair Salakhov. Siamo negli anni Sessanta e l’arte si trova a rappresentare non solo il mondo tradizionale e rassicurante della dacia russa, ma anche l’esplodere delle difficoltà e delle contraddizioni. Questo tema continua anche all’ultimo piano del museo con artisti come Arkady Plastov, Sergey Gerasimov, Alexander Deineka, Yury Pimenov, Georgy Nissky e Isaak Brodsky , con una focalizzazione maggiore sui ritratti .

RUSSIA ON THE ROAD – Alla collezione permanente si affianca in questi giorni la mostra Russia on the Road (1920-1990) , già parzialmente ospitata al Palazzo delle Esposizioni a Roma da ottobre a fine gennaio. Si cambia registro : sono i treni, le metropolitane, le fabbriche e i macchinari ad essere al centro della scena, oggetti interessanti e “nobili” tanto quanto la figura umana o il paesaggio naturale. Simboli positivi della condizione contemporanea. A saldare assieme i dipinti in esposizione, l’appartenenza alla corrente pittorica del realismo modernista, che muove i suoi primi passi in Russia a metà degli anni ’20, con la creazione dell’OST, la Società dei pittori di cavalletto. In queste opere ricorrono le stesse tematiche, che vanno dalla rappresentazione delle nuove tecnologie allo sport, dal conflitto sociale all’imponente industrializzazione voluta da Stalin. Questo vasto repertorio di immagini (circa 60 i quadri esposti) ritrae quindi il Paese e il suo popolo nel pieno fermento di questo Radioso Futuro giunto con il secolo nuovo. Da un lato si intravedono opere fortemente ideologiche che celebrano i nuovi miti come simbolo del cambiamento; dall’altro lavori più intimi e poetici, lontani dagli obblighi della propaganda.

GLI ARTISTI SOVIETICI – Progresso e realismo si fondono nelle opere di Georgy Bibikov, che in Aerostato “Osoaviakhim” (1935) immortala la partenza del pallone aerostatico che il 30 gennaio 1934, dopo aver raggiunto i 22 mila metri di altitudine, si schianta al suolo provocando la morte dei tre membri dell’equipaggio; Sulla zattera (1949) di Yakov Romas rappresenta invece uno sguardo alle tradizioni del passato che non hanno subito contraccolpi con l’imperversare dell’industrializzazione del Paese. In quegli anni il trasporto fluviale del legname avveniva legando tra loro i tronchi degli alberi tagliati, formando così delle vere e proprie zattere che fungevano da imbarcazione per i commercianti di legname. Il futuro radioso del socialismo, profetizzato a partire dagli anni ’30 del secolo scorso, entra però in crisi sul finire degli anni ’90 creando così incertezze e preoccupazioni, che vengono riassunte magistralmente da Aleksandr Petrov in Semaforo (primi anni ’90). Il suo dipinto mostra in primo piano un semaforo con tutte le luci accese che confonde un nugolo di uomini in trepidante attesa, incapaci di scegliere la direzione giusta da prendere, mentre in lontananza si staglia un tramonto che vuole forse significare la fine di un’epoca.

 

Alessandra Pavan

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