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Marina Abramovic, “la sacerdotessa della performing art”

E' conosciuta in tutto il mondo grazie alle sue spettacolari performance incentrate sul contatto con il pubblico, le potenzialità e i limiti del corpo e della mente.

MILANO – Oggi, 70 anni fa, nasceva una delle più importanti artiste del panorama contemporaneo: Marina Abramovic. L’artista è conosciuta in tutto il mondo grazie alle sue spettacolari performance incentrate sul contatto con il pubblico, le potenzialità e i limiti del corpo e della mente.

MARINA ABRAMOVIC – È nata a Belgrado nel 1946. Nel 1976 inizia la relazione e la collaborazione con un altro artista, Ulay, nato peraltro nel suo stesso giorno. Punta d’avanguardia della performance e della body art fin dai primi anni ’70, Marina Abramovic ha segnato in maniera profonda e innovativa l’arte degli ultimi trent’anni. Le scelte tematiche vanno dalla rappresentazione della sessualità e della femminilità, dalla dimensione intima e quotidiana, all’interpretazione etica e sociale della realtà contemporanea. Fin dagli esordi Marina ha scelto il proprio corpo come oggetto della sua arte, indagando i confini estremi della resistenza fisica e psicologica.

PERFORMING ART – Considerata la sacerdotessa della performing art è conosciuta in tutto il mondo per le sue straordinarie potenzialità espressive. Un esempio del suo stile sono le dieci performances dal titolo Rhythm. L’indomabile artista attraverso un pericolo gioco di coltelli e altri oggetti di tortura rischia più volte la propria vita. L’innovazione e lo sprezzo per il pericolo sono alla base della sua arte. Lei stessa si definisce Grandmother of performance art. Tra i vari riconoscimenti ricevette la Medaglia per le Scienze e per le Arti nel 2008 dal governo austriaco.

L’ODI ET AMO CON ULAY – Nel 1988, dopo dodici anni di relazione artistica e sentimentale la coppia decise di interrompere la relazione attraverso un’ultima performance: “The Great Wall walk”. I due camminando lungo la Grande Muraglia Cinese si dissero addio come artisti e amanti. Partirono dagli estremi opposti della fortificazione fino ad incontrarsi, abbracciarsi forte con la promessa di non vedersi più. Almeno per vent’anni, fino al 2010, quando sempre pubblicamente decisero di rincontrarsi al Moma. Il romanticismo si spegne però con le questioni legali. Dopo la speciale reunion la diatriba sulla paternità di alcuni lavori si è spinta in tribunale. Proprio in queste settimane Ulay ha avviato un processo accusando la Abramović di aver violato le condizioni di un contratto siglato nel 1999 sulle opere create insieme. L’artista serba rigetta le accuse e si prepara ora a comparire in tribunale.

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