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L’arte di Andrè Derain tra luce, colori e tradizione

Oggi il mondo dell’arte ricorda la scomparsa di Andrè Derain, pittore solitamente associato al Fauvismo

MILANO – Legato all’estetica fauve senza mai aderirvi completamente, André Derain rivela rispetto ad essa un’arte più serena, luminosa e composta. La sua produzione decisamente vasta non di rado è contraddistinta da un naturalismo riconducibile al Caravaggio. Per gli anni di studio e di sconfinata ammirazione delle opere dei grandi maestri antichi di cui aveva eseguito varie copie, la sua arte non si abbandonò mai in modo totale all’esuberanza dei colori dei fauves nell’armonia delle sue composizioni classiche.

GLI INIZI – André Derain nasce a Chatou (Parigi) nel 1880, da un’agiata famiglia borghese. Benché avviato dal padre agli studi di ingegneria, si iscrisse, nel 1898, all’Accademia Julian. Nel 1899 conobbe Maurice de Vlaminck e, l’anno seguente, Henri Matisse: i due pittori lo convinsero a dedicarsi definitivamente alla pittura. Da principio, influenzato da Vlaminck, dipinge lungo le rive della Senna paesaggi dai colori puri, non mescolati.

I COLORI – I vividi colori mediterranei, la luce “che sopprime le ombre”, stregano André, il quale lavora come un forsennato, una tela dopo l’altra. “I colori diventavano cartucce di dinamite. Dovevano far esplodere la luce” commenterà negli anni della maturità. Talvolta la sua febbrile eccitazione lascia il posto al dubbio: “Questo colore m’ha fottuto” scriverà a Vlaminck. “Mi sono lasciato andare al colore per il colore. Ho perso le mie qualità di una volta”.

RITORNO ALL’ORDINE – Dopo un breve periodo di vicinanza a Paul Gauguin (durante il quale si verifica una diminuzione della vivacità dei colori), Derain ha l’occasione di avvicinare Pablo Picasso (ma si tiene lontano dalle tecniche fin troppo audaci del Cubismo), per poi ritornare al chiaroscuro e alla prospettiva, decisamente più tradizionali. Sulla scia di numerosi altri artisti europei del suo periodo è dunque protagonista di un ritorno all’ordine e alle forme classiche, avvicinandosi a quel che accade in Germania con la Nuova oggettività.

LA TRADIZIONE – L’interesse per l’arte italiana del Trecento e del Quattrocento, soprattutto per quella senese e fiorentina, fu in parte dovuto alla frequentazione con la folta comunità italiana di Parigi di quegli anni, in particolare con Alberto Savinio, fratello di Giorgio De Chirico, che lo stimolò verso la riscoperta del realismo e verso un ritorno al passato, all’arte antica romana, a Caravaggio e a Gustave Courbet, che si realizzò pienamente in un gruppo di interni con nudi, nature morte e scene mitologiche realizzato tra il 1912 e il 1913.

IL SUCCESSO – Dopo essersi schierato, al termine della Prima Guerra Mondiale, contro la diffusione del Surrealismo e del Dadaismo, ritenuti movimenti anti-artistici, si dedica allo studio degli antichi pittori durante un viaggio a Castel Gandolfo e a Roma. Gli anni Venti rappresentano l’apice del suo successo. Nel 1928 André Derain ottiene il premio “Carnegie”, concessogli per la tela “La caccia”, e nello stesso periodo espone le proprie opere a Londra, a Berlino, a New York, a Francoforte, a Duesseldorf e Cincinnati.

GLI ULTIMI ANNI – Nel 1941 si reca in Germania; rifiutò inoltre la direzione della scuola nazionale superiore delle belle arti di Parigi, avviandosi volontariamente a una progressiva solitudine. Ricordato anche per le sue attività di incisore, scenografo, costumista teatrale, scultore e ceramista, continuò a dipingere e a esporre con crescente successo internazionale fino alla morte, avvenuta a Garches nel settembre 1954 in un incidente d’auto.

LO STILE – Lo stile di Derain è fortemente influenzato, agli inizi del Novecento, dal Neoimpressionismo, in particolare dalle opere di Paul Cézanne e Vincent van Gogh. Rispetto agli altri pittori fauve, Matisse e Vlaminck, Derain è più misurato, più luminoso, più sereno. Semplifica la figura in modo meno antinaturalistico. La sua vasta produzione è spesso caratterizzata da un naturalismo che combina elementi tipici di Caravaggio. Essendo più ragionato, tuttavia, non si distacca dall’estetica fauve: i colori caldi e freddi sono accostati in modo molto contrastante, stesi con pennellate larghe, pastose e libere.

 

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