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La storia del falsario che dipingeva quadri migliori degli originali

Han van Meegeren era un artista fallito. Anche se con le sue opere non raggiunse il successo sperato non abbandonò la pittura e divenne un falsario

MILANO – La storia di Han van Meegeren è una di quelle storie che una volta che te la raccontano la ricordi per tutta la vita. È una di quelle storie che vai subito a raccontare alla tua famiglia a tavola e ai tuoi amici la sera al pub. Avete presente quella famosa frase di “Novecento” di Baricco? Quella in cui dice: “Non sei fregato veramente finché hai da parte una buona storia, e qualcuno a cui raccontarla“? Bene, la storia Han van Meegeren può diventare la vostra buona storia.

L’ARTISTA FALLITO – Han van Meegeren era un artista fallito. Nonostante con le sue opere originale non raggiunse il successo sperato, non volle a nessun costo abbandonare la pittura. Da Theo Van Wijngaarden, restauratore e falsario operante ad Amestardam, imparò l’arte e la tecnica della falsificazione. Decise di specializzarsi nella pittura olandese del Seicento. Si appassionò in particolar modo a Vermeer. A lungo si esercitò ricopiando gli originali così da impadronirsi non solo delle tecniche del pittore olandese ma anche del suo spirito d’artista.

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UN’ARTE RAFFINATISSIMA – Per ricreare alla perfezione l’anima delle sue opere, recuperò i materiali dell’epoca: trovò tele del ‘600, rintracciò vecchi pennelli e, non appena terminata l’opera, inseriva nel falso della polvere per ricreare la craquelure, cioè quello spontaneo reticolo di crepe che si forma nelle antiche tele ad olio. Conosceva a memoria il trattato di De Vild sulle tecniche e i materiali usati da Vermeer, così che spesso van Meegeren fece uso del pigmento blu oltremare, ottenuto dai preziosi lapislazzuli e dell’olio di lillà. Inoltre fece una scelta intelligente: una volta acquisito perfettamente lo stile, lavorò a dipinti nuovi in perfetto stile Vermeer, dipinti che Vermeer non aveva mai dipinto.

LA VENDETTA – Perfetta era l’aderenza stilistica e tematica. Fu così che riuscì ad ingannare fior fior di critici, che pensarono, vedendo i quadri di Han van Meegeren, di aver fatto formidabili scoperte. A sancire l’autenticità dei dipinti del falsario fu lo stesso De Vild, esperto delle tecniche di Vermeer. Ad apprezzare i nuovi Vermeer furono anche Abraham Bredius (il massimo luminare dell’antica pittura olandese), Dirk Hannema (allora direttore del museo Boijmans-Van Beuningen di Rotterdam) e Heinrich Himmler, il capo delle SS al quale van Meegeren vendette due dipinti falsi per un valore di cinque milioni e mezzo di fiorini. Oltre a raggiungere una considerevole ricchezza, con questi quadri Van Meegeren si era soprattutto vendicato di coloro che non lo avevano strocanto come pittore.

L’ARRESTO E IL PROCESSO – Ma la sorte, come sappiamo bene tutti, ama giocare brutti scherzi. Nel maggio 1945, a guerra finita, Vermeer fu arrestato: non perché era stata scoperta la truffa ma per aver venduto due dipinti ai nazisti. Fu così che venne accusato di collaborazionismo proprio con quei nazisti che aveva ingannato. Il processo si tenne in Olanda nell’ottobre del 1947 e per evitare l’ergastolo fu lui stesso a rivelare che era un falsario e che le opere che aveva venduto ai nazisti non erano originali. Fu così che, per dimostrare quanto aveva detto, nella stessa aula di tribunale dipinse una copia di Gesù nel tempio. Il risultato fu stupefacente ed esterrefatti rimasero numerosi esperti. Riuscì così a evitarsi l’ergastolo e venne condannato a un solo anno di carcere. Ma l’abuso di alcool e droghe avevano ormai irrimediabilmente compromesso la sua salute. Morì il 30 dicembre 1947 all’età di 58 anni, condannando ad atroci dubbi chiunque da quel momento in avanti abbia avuto la malaugurata intenzione di studiare la pittura olandese del Seicento.

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