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La collezione di Giuseppe Iannaccone in mostra a Milano

"L'arte è la stampella dell'anima", 96 opere della collezione privata di Giuseppe Iannaccone in mostra alla Triennale di Milano

MILANO – La Triennale di Milano e Giuseppe Iannaccone presentano “Giuseppe Iannaccone. Italia 1920-1945. Una nuova figurazione e il racconto del sé”. In scena fino al prossimo 19 marzo, la mostra (a cura di Alberto Salvadori e Rischa Paterlini) espone per la prima volta pubblicamente una sezione di 96 opere  provenienti dalla collezione privata dell’Avvocato Iannaccone. I capolavori, tutti realizzati tra il 1920 e il 1945, raccontano “i sentimenti di un’Italia in pieno fermento, in un’epoca in cui la voglia di ricostruire il Paese si incrociava con la sofferenza per le violenze del regime e delle guerre”.

LA STAMPELLA DELL’ANIMA – Avvocato milanese, classe 1955, Giuseppe Iannaccone inizia a collezione opere d’arte all’inizio degli anni Novanta (nel 1992 acquista il suo primo dipinto). “A trent’anni, su suggerimento di un amico, cominciati a girare fra musei e gallerie per staccare dal lavoro […] l’arte era la compensazione di qualcosa che mi mancava dentro, la stampella dell’anima” racconta Iannaccone. Ogni artista presente in mostra è per lui come un amico di vecchia data di cui conosce la storia, il carattere, le debolezze, i sogni. Parlando del percorso espositivo in scena alla Triennale, Iannaccone ci ha tenuto a sottolineare come questa raccolta tracci le sue radici nell’arte e riveli quello che cerca in un’opera “l’esaltazione lirica della persona, dei suoi sentimenti e delle sue sofferenze”

L’ESPOSIZIONE – Il percorso espositivo, partendo da “L’attesa” di Ottone Rosai, si articola in nuclei tematici che raggruppano opere di artisti che hanno gravitato attorno a specifiche scuole e movimenti o che semplicemente hanno condiviso momenti ed esperienze. Si comincia con la “Scuola di via Cavour” che ricolloca al centro della propria ricerca l’uomo. Tra gli artisti presenti in questa sezione Mafai, Raphaël e Scipione (reali promotori del gruppo romano), ma anche Pirandello, Guttuso e Ziveri che, insieme ai primi, furono originali protagonisti del rinnovamento pittorico tra le due guerre. Il percorso prosegue con un’opera di Tullio Garbari che apre alla sezione dei “Sei di Torino”, gruppo formatosi alla fine degli anni Venti presso lo studio di pittura di Felice Casorati. I soggetti ritratti dai sei (Jessie Boswell, Gigi Chessa, Nicola Galante, Carlo Levi, Francesco Menzio) rivelano una predilezione per la sfera quotidiana e per il mondo degli affetti. A seguire la sezione del “Chiarismo lombardo” in cui sono esposte, tra le altre, opere di Angelo Del Bon, Francesco de Rocchi e Adriano di Spilimbergo. Lo snodo di questo percorso è segnato dalla sala interamente dedicata alle opere di Renato Birolli. Proprio questa sala anticipa l’esperienza di “Corrente”, rivista quindicinale fondata a Milano da Ernesto Treccani. Attorno al periodico si costituisce l’omonimo movimento artistico e intellettuale fatto di artisti, poeti, scrittori e filosofi. Il percorso prosegue con un focus su Filippo De Pisis. I soggetti prediletti da De Pisis sono i fiori e le nature morte, in cui riesce a fissare, con immediatezza, le emozioni che gli trasmettono gli oggetti, anche quelli più umili e fragili, cui affida la sua viva e intima visione esistenzialista della realtà. A chiudere la mostra, “Il Caffeuccio Veneziano” di Emilio Vedova che “che con la sua fattura ruvida e l’atmosfera irrespirabile segna un punto di non ritorno”.

 

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