Sei qui: Home » Arte » Jago, lo scultore contemporaneo sulle orme di Michelangelo

Jago, lo scultore contemporaneo sulle orme di Michelangelo

L'incredibile talento dello scultore Jago è ancora sconosciuto ai più, nonostante abbia ricevuto il premio "Croce Pro Benemerenti" dalla Santa Sede

MILANO – “Tu vedi un blocco, pensa all’immagine: l’immagine è dentro basta soltanto spogliarla”. Un concetto di facile comprensione ma di altrettanta difficile realizzazione. Sono queste le parole che hanno formato il pensiero di Michelangelo a cui oggi, ancora pochi artisiti, riescono ad ispirarsi. Tutti, tranne quegli artisti che hanno avuto il coraggio di osare, di provare a mettere a frutto le proprie capacità senza la presunzione o la paura del fallimento.  Stiamo parlando di Jago Cardillo, in arte Jago, scultore ciociaro di trent’anni ancora sconosciuto ai più tra la generazone “offline” degli operatori del sistema arte. Una personalità e un’arte la sua che più che presentazioni, merita di essere apprezzata attraverso l’esplorazione diretta e immediata delle sue opere, che noi in questo articolo vi proponiamo.

LEGGI ANCHE: Le irriverenti sculture di pietra dell’artista Hirotoshi Ito

JAGO ARTIST Jago Artist è il nome con cui possiamo trovare il giovane Cardillo su ogni profilo social, compreso il suo sito. Si, parliamo anche di immediatezza e del mondo 2.0 perchè Jago, se da una parte è ancora sconosciuto a quella generazione “offline”, è al contempo in testa nelle ricerche del mondo “online”, quello fresco e immediato dei Millenials. Questo perchè Jago, come è già stato definito più volte, è un artita contemporaneo, uno di quelli che combina anche le sue capacità di musicista, videomaker e composotire. “L’artista contemporaneo è colui che usa i mezzi di comunicazione contemporanei”, dice Jago. Se, in fondo, abbiamo in mano la possibilità di sfruttare al meglio e a costo zero le capacità di un semplice smartphone, perchè non adoperarlo per condividere con le altre persone quello che di meglio sappiamo fare?! Ragion per cui utilizza la tecnologia per condividere quella sorta di “making off” dietro le quinte. Social a parte, queste sue capacità fanno da contorno al suo sorprendente talento di artista e sculturore. Quello che le sue mani riescono a far meglio, è plasmare la consistenza fredda e asettica del marmo, che riesce quasi per magia a “immorbidirsi” e a prendere vita, anzi, una nuova vita. Attraverso le sue mani la pietra sembra quasi arrendersi per piegarsi morbidamente, facendosi avvolgere da quel fascino che rende l’opera innovativa e moderna. Un processo impossibile penserete voi, ma che Jago riesce a rendere in un modo sorprendentemente semplice attraverso l’utilizzo di una fresa e di un apparecchio attaccato che aspira  in tempo reale.

LEGGI ANCHE: Instagram, 10 profili che ogni amante dell’arte dovrebbe seguire

HABEMUS OMINEM – Come tutte le menti creative che si rispettino Jago non si è mai piegato a nessun tipo di imposizione, tanto meno a quelle che volevano giudicare o manipolare il suo talento. Per questo motivo l’artista ha deciso anni fa di non terminare gli studi accademici, soprattutto quando un professore si manifestò contrario alla sua esposizione alla 54esima edizione della Biennale di Venezia, dopo esser stato chiamato a presenziare da Sgarbi. “Appare evidente che in Cardillo c’è un una coscienza della forma e necessità di esprimere un’idea con una modernità d’immagine anche se con riferimenti alla tradizione. Una consapevolezza in un mestiere che pochi artisti hanno mostrato nel corso del Novecento”, sono le parole espresse proprio dal critico d’arte dopo una mostra del giovane scultore. Oggi Jago, che grazie alla sua tenacia ha avuto modo di darsi delle possibilità, può vantare un notevole background di premi. Quello di maggior rilievo e che fra tutti ha fatto più discutere è stato l’onorificenza della Santa Sede “Croce Pro Benemerenti“. La scultura “Habemus Ominem”, rappresentava la figura di papa Ratzinger, in cui il corpo del Pontefice era stato modellato magistralmente sul marmo bianco. Un dettaglio però indignò il Vaticano, ovvero la mancanza degli occhi del Santo Padre nella Scultura. Quando nel 2013, fu comunicata poi la notizia delle dimissioni del Pontefice, Jago decise d’impeto di stravolgere l’opera. Così come si era spogliata l’opera, così sarebbe stato spogliato il Papa dalle sue vesti, decidendo stavolta di riempirgli gli occhi e “donargli la vista”. Con questo cambiamento l’opera vuole simboleggaire una sorta di ritorno all’uomo. La perdita delle vesti papali fatte di sacralità formale, rappresenta un processo di spoliazione per giungere a quell’essenza fatta di carne, vene e pelle. L’impatto scenico delle opere di Jago, non si fermano qui, piuttosto “Habemus Ominem” ha dato la giusta spinta per l’ideazione di altri progetti di impatto emozionale che potete trovare oltre che sul sito dell’artista, anche sulle pagine Facebook e Instagram.

Photocredit: www.pinterest.com

© Riproduzione Riservata