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Henri Matisse, il genio dei Fauves

Esponente di spicco dei Fauves, influenzato dai post-impressionisti, trovò la sua strada diventando uno dei maggiori della pittura del ventesimo secolo

MILANO – Oggi il mondo dell’arte ricorda la scomparsa di uno dei più importanti pittori del XX secolo, Henri Matisse ( 31 dicembre 1869 – 3 novembre 1954). Matisse cominciò a dipingere a vent’anni, quando, a seguito di un attacco di appendicite fu costretto a rimanere a letto per parecchi giorni, e preso dalla noia iniziò a dedicarsi alla pittura. Anche dopo la guarigione la passione per l’arte non diminuì, e Matisse scelse la pittura come vera e propria professione, nonostante l’agguerrita avversione del padre. Matisse divenne comunque un pittore, incisore, illustratore e scultore. Il suo stile, caratterizzato dalla predominanza del colore, divenne famoso rendendolo protagonista al di là della forma. Influenzato dai post-impressionisti, trovò la sua strada diventando uno dei maggiori esponenti della pittura del ventesimo secolo.

L’esordio

I primi soggetti furono nature morte e paesaggi, in piena tradizione fiamminga. Nel 1896 espose 5 tele al salone della Société Nationale des Beaux-Arts e lo stato francese ne acquistò due. Nel 1897 e 1898 visitò al largo delle coste della Bretagna.il pittore John Peter Russell, che lo introdusse all’Impressionismo e ai lavori di Van Gogh, segnando una svolta nello stile di Matisse. Influenzato dai lavori dei post-impressionisti come Paul Cézanne, Gauguin, Van Gogh e Paul Signac, ma anche dall’arte giapponese, cominciò a interrogarsi sul ruolo del colore, e progressivamente lo fece diventare l’elemento cruciale dei suoi dipinti. Nel 1905 si trasferì nel sud della Francia, per lavorare con André Derain.

Il Fauvismo

Al Salon d’Automne di Parigi del 1905, Matisse e diversi artisti presentarono quadri estremamente innovativi, dai colori violenti, spesso dissonanti, in cui esprimevano emozioni, senza riguardo per il colore naturale del soggetto e la verosimiglianza naturalistica con la realtà. L’esposizione ottenne svariate critiche soprattutto da parte della stampa e dei critici d’arte, che presto ribattezzarono il gruppo di artisti con il nomignolo dispregiativo Fauves (fiere, bestie selvagge) a causa dei colori vivacissimi e intensi che caratterizzavano i loro dipinti.  Nonostante i pareri negativi della critica, la fama di Matisse crebbe enormemente, e continuò a dipingere opere fauviste fino al 1917. Attorno al 1904 Matisse incontrò Pablo Picasso, di 12 anni più giovane, e i due divennero grandi amici, ma anche artisticamente rivali. Matisse e Picasso si incontrarono per la prima volta nel salotto parigino di Gertrude Stein e della compagna Alice B. Toklas.

Dopo Parigi

Tra il 1937 e il 1954 Matisse aveva abbandonato ormai i colori esplosivi che avevano caratterizzatoil periodo fauvista e si dedicò  all’esplorazione di nuove tecniche artistiche, fino all’approdo alla cosiddetta “tecnica dei ritagli”, i famosi “Cuts-Out”: composizioni figurative a collage, a uno o più colori, per i quali usava cartoncini leggeri, sia per lo sfondo sia per il disegno. Prostrato da un cancro che lo costrinse in sedia a rotelle, gli ultimi anni della sua vita furono dedicati sempre meno alla pittura, e spesso era assistito da una suora domenicana, sua cara amica. Fu proprio lei nel 1947 a chiedere a Matisse la disponibilità a progettare una cappella vicino al convento, e Matisse, nonostante le difficoltà dovute alla malattia, portò a termine quello che a detta sua fu “il capolavoro della sua esistenza”. L’artista sviluppò i disegni strutturali, i dipinti interni, le vetrate della cappella, l’altare e l’arredo sacro, compresi gli abiti sacerdotali. Si spense nel 1954, pochi anni dopo la costruzione della  Chapelle du Saint-Marie du Rosaire, per un attacco cardiaco, all’età di 84 anni.

 

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