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Gustav Klimt, una poetica tra sensualità ed eleganza

Il mondo dell’arte oggi ricorda la nascita del pittore austriaco dell'Art Nouveau Gustav Klimt, protagonista della Secessione Viennese

MILANO – Il mondo dell’arte oggi ricorda la nascita del pittore austriaco Gustav Klimt. Uno dei massimi esponenti dell’Art Nouveau (stile Liberty, in Italia), fu protagonista della Secessione Viennese.

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GLI ESORDI – Gustav Klimt nasce nel 1862 a Baumgarten, quartiere di Vienna, secondo di sette fratelli e grazie alle sue doti artistiche, a soli quattordici anni viene ammesso alla Kunstgewerbeschule, (la scuola d’arte e mestieri del Museo Austriaco per l’arte e l’industria), dove studierà fino al 1883, confrontandosi con svariate tecniche artistiche, dal mosaico alla ceramica, nel rispetto dei canoni accademici e della storia dell’arte del passato. Nel 1880 dipinge le quattro allegorie del Palazzo Sturany a Vienna e il soffitto della Kurhaus di Karlsbad. Nel 1888 Klimt riceve un riconoscimento ufficiale dall’imperatore Francesco Giuseppe, inoltre le Università di Monaco e Vienna lo nominano membro onorario. Nel 1892, a pochi mesi dalla morte del padre, anche il fratello Ernst con cui lavorava, muore improvvisamente e Gustav è costretto a farsi carico di entrambe le famiglie, lacerato dal dolore di un doppio lutto.

LA SECESSIONE VIENNESE – Nel 1898 si inaugura la prima mostra della Secessione viennese, movimento artistico costituitosi l’anno prima con Klimt presidente (composto da 19 artisti, tra cui Egon Schiele, Otto Wagner, Joseph Maria Olbrich e Josef Hoffmann); mentre la seconda mostra inaugurerà il Palazzo della Secessione, appositamente progettato da Joseph Maria Olbrich con elementi greco-egiziani. L’ideale supremo dei secessionisti viennesi era l’opera d’arte totale, realizzata mediante la fusione di tutte le arti. Nel 1894 l’Università di Vienna commissiona all’artista la decorazione del soffitto dell’aula magna sul tema illuminista del trionfo della Luce sulle Tenebre, da sviluppare su tre facoltà: Filosofia, Medicina e Giurisprudenza. I lavori vengono rimandati per anni e quando Klimt consegna i pannelli, viene aspramente criticato, tanto da restituire l’acconto che gli avevano versato. Nonostante ciò, le opere di Gustav sono molto apprezzate, soprattutto dalle ricche famiglie borghesi ebree, che gli commissionano i ritratti grazie ai quali diventò ancora più famoso.

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GLI ULTIMI ANNI – Intanto, Klimt continua ad esporre i suoi lavori a livello internazionale, anche grazie ai contatti con le altre Secessioni, di Berlino e di Monaco, di cui è membro: nel 1900 “Filosofia” riceve la medaglia d’oro all’Esposizione Universale di Parigi. Nel 1903 Klimt si reca due volte a Ravenna, dove conosce lo sfarzo dei mosaici bizantini: l’oro musivo, eco dei lavori del padre e del fratello in oreficeria, gli suggerisce un nuovo modo di trasfigurare la realtà e modulare le parti piatte e plastiche con passaggi tonali, dall’opaco al brillante. In seguito alla crisi della Secessione viennese, Klimt si avvicina ai neonati Wiener Werkstätte (Laboratori Viennesi), con cui collabora alla decorazione di Palazzo Stoclet. Nel 1910 Klimt partecipa alla Biennale di Venezia e l’anno successivo riceve il primo premio dell’Esposizione Internazionale di Arte di Roma per “Morte e Vita”. Poco dopo un viaggio in Romania, scompare il 6 febbraio del 1918, ritratto sul letto di morte dall’amico e allievo Egon Schiele.

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.LO STILE – Klimt basa il proprio stile sulla linea, morbida e ondeggiante, combina astrazione, sintesi e decorazione con grande armonia e naturalismo; abile paesaggista, fu ricercato soprattutto come ritrattista di figure femminili della ricca borghesia industriale viennese che ritrasse con immagini eleganti e languide, simili a preziosi lavori di orafi che rivelano un erotismo intenso e rispecchiano il temperamento appassionato dell’artista. La donna di Klimt è sempre in sospeso fra la sacralità e la crudeltà, spesso presentata in posa frontale come un’icona da rispettare o da temere, dispensatrice di felicità, come nel quadro Il bacio, o causa di distruzione, come Giuditta I. Anche qui l’attenzione del pittore è rivolta verso la figura femminile, incarnazione del male e simbolo della femme fatale che porta alla rovina e alla morte il suo amante, secondo un luogo comune della letteratura tra il 1890 e i primi decenni del ‘900. Una considerazione della donna in netto contrasto con la lotta per l’emancipazione femminile e per la parità dei sessi condotta dal movimento delle “suffragette” proprio in questi anni.

 

 

 

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