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Con Nina Carini a Noto l’arte si trasforma in scrittura di silenzi

Nei Bassi di Palazzo Nicolaci a Noto l’arte si trasforma in scrittura di silenzi, con la mostra Divine Astrazioni di Nina Carini

MILANO – Un gesto ripetuto ossessivamente, ago e filo che tracciano con fatica parole desiderose di essere pronunciate, un’urgenza creativa che fa dell’arte mezzo per astrarsi dal mondo. Da una settimana è stata aperta al pubblico la mostra personale di Nina Carini, a cura di Angela Madesani, presso i Bassi di Palazzo Nicolaci a Noto (SR) e che sarà aperta al pubblico fino al 15 Agosto 2017.

LA MOSTRADivine astrazioni, questo il nome della mostra,  nasce da un microcosmo personale di suggestioni, per poi distaccarsene assumendo sempre più un eco universale. Le opere dell’artista sono il risultato di lunghe ricerche anche in ambito storico-artistico, aspetto messo in evidenza sin dal titolo con un omaggio concettuale ad Alighiero Boetti e, più in generale, nei confronti della poetica e della gestualità della scultrice Louise Bourgeois. La mostra è strettamente legata al progetto che Carini presenterà il 14 settembre presso il Teatro Verdi di Milano, che prevede la proiezione del video J’ai Peur. A ottobre l’artista sarà protagonista di una performance, all’interno della Sala delle Feste del prestigioso Palazzo Nicolaci di Noto.

LE OPERE – Due sono i lavori: la grande installazione site specific Analphabeta (2017) e l’ampio gruppo di disegni raccolti sotto il titolo Senza Parole (2014-2017). L’artista ci accoglie in un mondo intimo, come in un diario personale che si apre al nostro sguardo immergendoci in una dimensione sacra, rituale, in cui all’eleganza delle opere è contrapposta la tensione che a esse sottende. Come suggerito dalla curatrice in catalogo: «Il retro dei lavori di Nina testimonia la difficoltà e lo sforzo che li accompagna ogni volta che l’ago buca la carta si crea una tensione, mentre un unico filo costituisce una sorta di scrittura, un viaggio personale che ha un inizio e una fine non prevedibili». Accumunati da un procedimento simile, i due lavori rappresentano un percorso spirituale, distinguendosi da una parte per l’impossibilità comunicativa espressa nella serie di disegni Senza parole, in cui al gesto e al simbolo è lasciato il compito di sostituirsi alla parola, dall’altra, per la volontà di iniziare un dialogo con lo spettatore formalizzata dalla grande installazione (2x4m) Analphabeta: una griglia in cui è possibile individuare diverse frasi legate a un sogno fatto dall’artista. L’installazione è costituita anche dalla registrazione della voce di Carini, realizzata tramite un fonografo, che, come in un mantra, ripete la frase: «Why you let me fall?»,| Perché mi lasci cadere?. E proprio la sospensione è uno dei temi cardine di Nina Carini, sia per come concretamente l’artista ha realizzato il lavoro, arrampicata su una scala; sia per la ricerca spaziale interna alle opere, in cui alla geometria ben equilibrata, è contrapposta la volontà continua di varcare un confine. La pratica artistica per Carini: «È metafora di una scalata esistenziale che, talvolta, può farci precipitare per tornare al punto di partenza, imponendoci uno sforzo di comprensione e partecipazione nei confronti di quanto ci è dato giorno per giorno».

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