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A Torino la mostra che raccoglie gli ultimi trent’anni della vita di Mirò

La mostra prende le mosse dall’idea che l’artista aveva della propria opera: una sorta di monologo interiore unito a un dialogo con il pubblico

MILANO –  Arthemisia conferma il rapporto privilegiato con Torino e i Musei Reali proponendo, a partire dal 4 ottobre, la straordinaria esposizione “Mirò! Sogno e colore” dedicata a uno dei massimi interpreti del Novecento, Joan Miró. 130 opere, quasi tutti olii di grande formato, saranno esposte nelle sale espositive di Palazzo Chiablese grazie al generosissimo prestito della Fundació Pilar i Joan Miró a Maiorca, che conserva la maggior parte delle opere dell’artista catalano create nei 30 anni della sua vita sull’isola.

LA MOSTRA – L’esposizione presenta la produzione degli ultimi trent’anni della vita di Miró: un periodo legato alla “sua” isola dove, negli anni Sessanta e Settanta, si dedica a temiprediletti come donne, uccelli e paesaggi monocromi. In mostra anche i lavori degli ultimi anni dellasua produzione, quelli della pittura materica, fatti con le dita e dal colore steso con i pugni spalmandogli impasti su compensato, cartone e materiali di riciclo.E ancora le sculture, frutto delle sperimentazioniche fece con diversi materiali, collage e “dipinti-oggetto”. Con un linguaggio artistico universale e una poetica irripetibile, nelle opere Miró è forte il senso di appartenenza e di fusione alla sua terra, Maiorca,dove concretizzò un grande desiderio, ovvero dipoter creare in un ampio spazio tutto suo, uno studio dove lavorare protetto dal silenzio e dalla pace che solo la natura poteva offrirgli.

LE SEZIONI – Nella prima sezione “radici”, il profondo legame tra Miró e la natura esercita una grande influenza sulla produzione dell’artista e la necessità di rapportarsi a essa diventa il suo epicentro spirituale. Da questo scaturisce così la passione per la grandiosità delle manifestazioni artistiche delle culture primitive e per la pittura rupestre; la contemplazi one dei dipinti preistorici che suggeriscono semplicità e purezza delle linee; i Moai dell’Isola di Pasqua e l’arte pre-colombiana con la loro verticalità e monumentalità; gli affreschi romanici della Catalogna che gli trasmettono l’idea di astrazione e ricchezza cromatica. Nella seconda sezione Parole, iscrizioni e segni diventano veicoli attrav erso i quali esprimere una sorta di accattivante magia che infonde alla sua pittura significati complessie catene d’associazioni. L’artista fa poche distinzioni tra pittura e poesia, i suoi dipinti sono testi visivi la cui sintesi struttura un nuovo tipo di linguaggio. Nel 1959 Miró si sposta in una tipica e grande casa di campagna maiorchina del Settecento, SonBoter, dove sperimenta la scultura monumentale e di pinge le opere più grandi mantenendo la riservatezza cui teneva particolarmente. In questa terza fase Miró ci trasporta in un mondo nascosto e lontano, un mondo primitivo che evoca le pitture rupestriprive di composizione. Le figure sono isolate, senz a una relazione tra l’una e l’altra, si sovrappongono persino creando fantastici dipinti ibridi. Sono i cosiddetti “mostri”, emozionanti e commoventi nella loro semplicità formale. Accanto a queste anche graffiti, statuette di arte popolare, cartoline, ritagli di giornale, sassi,conchiglie e altro ancora. Nella fase finale della sua produzione artistica, Miró riduce notevolmente i motivi iconografici per raccontarci invece di un solido universo e le sue stelle, di nude linee femminili e di figure falliche, di personaggi ibridi in opere costellate da teste, occhi e uccelli. L’artista semplifica anche i colori della sua tavolozza tornando a tonalità più austere con u na preponderanza crescente del nero. Il suo vocabolario si riduce a una piccola rosa di argomenti – in cui la natura ha un ruolo primario – e le forme si semplificano in una straordinaria varietà di combinazioni. Qui si esprime la magia del cosmo, delle stelle e dei pianeti in un firmamento irraggiungibile, immaginato o desiderato.

Photo:Joan Miró Untitled, 1968-72 Oil, acrylic, charcoal and chalk on canvas 130,6×195,5 cm © Successió Miró by SIAE 2017 Archive Fundació Pilar i Joan Miró a Mallorca.Foto: Joan Ramón Bonet & David Bonet

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