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I 5 quadri più celebri di Salvador Dalì

“La gelosia degli altri pittori è stata sempre il termometro del mio successo”. Un successo, quello dell’immenso Salvador Dalì, che fu effettivamente travolgente

Milano – “La gelosia degli altri pittori è stata sempre il termometro del mio successo”. Un successo, quello dell’immenso Salvador Dalì, che fu effettivamente travolgente. Tutti noi abbiamo in mente i suoi paesaggi onirici e le sue fantasiose figure, ma quali sono le opere che lo hanno reso immortale? Ecco i 5 quadri più celebri del grande Dalì.

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1. Il grande masturbatore (1929)

Quest’opera, sconcertante e seduttiva, è tra i dipinti più famosi di Dalì. Custodita a Madrid, in essa ritroviamo tutti i motivi e i simboli che ricorreranno frequentemente nelle opere successive del maestro: atmosfera rarefatta, assolati palcoscenici punteggiati da fluttuanti e mostruose figurine dal sapore onirico e fantastico. Caratterizzato da una complessa iconografia barocca, questo dipinto è anticipatore dell’interesse da parte di Dalí per le strutture molli.

 

2. La persistenza della memoria (1931) 

Dipinto a olio e conservato presso il Museum of Modern Art di New York, nella “Persistenza della memoria”  fanno la loro prima comparsa i celebri “orologi molli”, simbolo inconscio della relatività dello spazio e del tempo, una meditazione surrealistica sul crollo delle nostre nozioni riguardo ad un sistema cosmico immutabile.

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3. Morbida costruzione con fagioli bolliti: premonizione di guerra civile (1936) 

Al centro di  quest’opera, conservata nel Museum of Art di Philadelphia, campeggia una creatura, composta di membra umane, che si sovrappone ad un’altra simile: entrambe le due figure sembrano essere parti di un tutto. Il mostro, sorretto da un piede fossilizzato e da una cassettiera di legno, sovrasta alcuni fagioli. Sullo sfondo si stagliano la baia di Port Lligat e un cielo nuvoloso.

 

4. Cigni che riflettono elefanti  (1937) 

Tutto giocato su un inganno ottico, il dipinto rappresenta un paesaggio roccioso che circonda uno stagno, al centro un isolotto con i tronchi contorti di alberi spogli, sullo sfondo di un cielo trasparente. Sulle rive dell’isolotto dei cigni allungano il collo elegante e muovono le bianche ali. Quello che a prima vista appare un quadro risolto nell’accordo dei bruni delle rocce e degli alberi e degli azzurri del cielo e del laghetto, diventa un ulteriore esempio del metodo paranoico-critico. Non c’è solo il riflesso dei cigni, dei lunghi colli e delle ali che, come è facile immaginare, ribaltati diventano le proboscidi e larghe orecchie degli elefanti. Ma vi troviamo anche il contrasto violento tra la levità volatile, l’eleganza e lo slancio del collo, la morbidezza delle ali e la pesantezza del pachiderma, la goffaggine, il carattere dell’animale. Un contrasto che sembra accentuarsi e prolungarsi nelle forme scheletriche e contorte dei rami degli alberi, mentre come al solito una serie di simboli curiosi popolano la tela: i fuochi accesi sulla collina di destra, la nuvola dalla strana forma nel cielo in alto a sinistra, l’uomo di profilo, con le mani sui fianchi, che sembra del tutto indifferente alla scena. Come al solito, restano all’osservatore ancora molte possibilità di interpretazione di quella che, spesso, più che un’opera d’arte è una occasione di trompe-l’oeil, di illusione ottica, o di semplice gioco di immagini.

 

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5. Sogno causato dal volo di un’ape intorno a una melagrana un attimo prima del risveglio (1944) 

Emblema del movimento Surrealista, in questo dipinto ritroviamo tutti i simboli del pensiero freudiano. L’azione in atto che osserviamo – l’enorme melagrana da cui fuoriesce un pesce che ‘genera’ due tigri dietro a una baionetta – rappresenta il violento risveglio della donna dai suoi sogni tranquilli. Nel quadro appare anche la figura del classico elefante ricorrente in molti quadri di Dalì, ispirato al piedistallo della scultura Obelisco della Minerva di Gian Lorenzo Bernini che si trova a Roma e rappresenta un elefante che trasporta un antico obelisco. Il dipinto è custodito presso El Museo Thyssen-Bornemisza di Madrid.

 

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