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Yasmine Khadra “L’integralismo si combatte con i libri, non solo con la guerra”

Lo scrittore franco-algerino inaugura a Pordenone il festival che lo vede protagonista, Dedica, che si snoderà a Pordenone in 11 appuntamenti

PORDENONE – C’è un rapporto speciale tra Yasmine Khadra, protagonista di Dedica 2016 e l’Italia: il primo editore al di fuori della Francia che ha tradotto e pubblicato un suo libro è stato italiano e la prima trasmissione televisiva che si è occupato di lui è stata italiana, grazie a Gad Lerner. Con questo omaggio, lo scrittore franco-algerino inaugura a Pordenone il festival che lo vede protagonista, Dedica , che si snoderà a Pordenone in 11 appuntamenti dal 5 all’11 marzo.

 

PERCHE’ USARE UNO PSEUDONIMO –  La storia letteraria di Yasmine Khadra inizia nel 1997, quando un piccolo editore francese pubblica Morituri, un romanzo breve ambientato nell’Algeria degli anni ‘ 90 , allo sbando tra Islam radicale e corruzione e attraverso gialli, noir, romanzi e incursioni in altri generi letterari arriva fino al 2015 con L’ultima notte del Rais, un romanzo shakesperiano che, per la prima volta, vede come protagonista un personaggio storico.

E proprio dalla scelta di uno pseudonimo femminile inizia la ventiduesima edizione di Dedica con la conversazione fra Fabio Gambaro, giornalista culturale e consulente editoriale a Yasmine Khadra, al secolo Mohammed Moulessehoul.

“ Sono nato nel Sahara algerino e appartengo a un’antica tribù di poeti – esordisce Khadra – ma sono stato consacrato all’esercito da mio padre già a nove anni, dopo la guerra di liberazione dalla Francia. A undici anni ho scritto il mio primo racconto, anche se il primissimo esordio è stato in versi: i libri erano per me, in quel periodo, l’unica possibilità di evadere da quella fortezza in cui mi avevano recluso dove non si avvertivano nemmeno i rumori del mondo esterno. E’ da lì che ha preso corpo la mia fantasia”. “Ma non era possibile – spiega Khadra _ essere contemporaneamente nell’esercito e nelle letteratura: la testa non serve per pensare nel mondo militare, ma per portare l’elmetto”. Fu cosi che Mohamed Moulessehoul venne trasferito a 200 km da Orano, la sua città natale, in pieno deserto purchè non apparisse alla televisione: fu lì che moglie, Yasmine Khadra, offrì il proprio nome al marito : “ cosi quello che mi hai dato in vita durerà per sempre “. “Da allora- spiega lo scrittore – mi sono sentito davvero libero e in pace con me stesso, anche se non tutti capiscono la mia scelta: ancora recentemente in Kuwait sono stata avvicinato da un principe molto stupito che un berbero, arabo e musulmano si fosse scelto, per giunta, uno pseudonimo femminile”.

 

LA SENSIBILITA’ BERBERA AD ARRICCHIRE LA LINGUA FRANCESE – “In che modo la cultura araba si fonde con quella francese? – chiede Gambaro. “ Quello che mi muove è la passione : la magia non si pratica se non c’è amore, che è la vera fonte della mia ispirazione La mia formazione è araba, ma già da bambino mi sono avvicinato ai romanzi francesi perché, all’epoca, non c’erano libri per bambini in arabo”.“ Scrivo in francese – spiega lo scrittore . ma non come un francese, perché nutro la lingua con la mia sensibilità berbera. Sono un tappeto volante che mi porta a scoprire mondi diversi: sono la sintesi di tutti gli scrittori che ho letto e che sono diventati le mie fibre sensibili. Ho la fortuna di padroneggiare due diverse culture, il che mi permette di capire forse meglio storture e disfunzioni del mondo che mi circonda, il cui vero problema non è l’ignoranza, ma il conoscere in modo errato e la percezione distorta delle cose che avvengono. Nonostante questo sono positivo, perché penso che il genere umano è sopravvissuto a tutto ciò che ha creato nel bene e nel male e il suo compito è vegliare sulla nostra vita e su quella degli altri . Il compito di noi scrittori è di illuminare e non di oscurare, aiutando gli altri”

 

L’INTEGRALISMO : “UN COCCODRILLO NON SI CATTURA ASCIUGANDOGLI LE LACRIME” – “C’è un dittico composto da Cosa sognano i lupi? e Gli agnelli del signore scritto alla fine degli anni ‘ 80 – chiede ancora Gambaro – in cui si parla della nascita dell’islamismo radicale in tempi non sospetti. Vent’anni dopo, lo stesso scenario si ripete in Europa e nella Parigi in cui ora vive Khadra”. “Sono stato catapultato indietro – spiega lo scrittore- ma non posso dire che sia stata una sorpresa: mi aspettavo che sarebbero state colpite le abitudini occidentali , mi aspettavo che l’integralismo facesse presa sui giovani borghesi. L’antidoto è non avere paura perché è questo il sentimento di cui si nutre il terrorismo, che si può sconfiggere. Le misure economiche non servono: per sconfiggere l’Isis la prima soluzione è militare, purché si portino le truppe di terra sul terreno. Ma soprattutto con l’arte, la letteratura e la cultura si può vincere sul piano psicologico: un coccodrillo non si cattura asciugandogli le lacrime”.

“Non amo il termine tolleranza perché significa prendere su di sé ciò che non si può sconfiggere, preferisco parlare di apertura mentale e condivisione, ma per realizzarle bisogna considerare ogni altro come una persona a tutto tondo, il concetto di cittadinanza deve ritrovare pienezza di significato – ha specificato lo scrittore – Quando una persona ha scelto di vivere in un Paese di cui un giorno avrà la nazionalità auspica di diventarne cittadino a pieno titolo, quando rimane invece confinato in una subcittadinanza, in seconda classe, in quel momento si è consegnato di peso a tutti i demoni. Tutti i cittadini emarginati vivono questa condizione come umiliazione”.

Ne L’attentatrice Khadra invece sceglie di raccontare come si diventa kamikaze: “Molti giovani – spiega – sono rimasti senza speranze e senza energia e proprio nel momento in cui sono completamente distrutti trovano un sogno completamente diverso nella jihad. Molti di quanti aderiscono all’Isis partono da idee solide, di giustizia, riconquista ideologica, arrivano con le migliori intenzioni. Sono sedotti da discorsi meravigliosi del jihadismo: non si sottovaluti la retorica di questa guerra”. Poi, però, di colpo si ritrovano costretti a commettere gesti abominevoli, immersi nella negazione della umanità e vorrebbero tornare indietro. “Il problema – puntualizza lo scrittore – è che noi non li aiutiamo a tornare. Come rintegrare quelli che si pentono ? Non c’è strategia nell’Occidente per questo” . Ma il problema è anche che si rompono equilibri, si ridisegnano frontiere e si crea un nuovo ordine mondiale e “ se è questo il grande disegno, lo scrittore – confessa amaramente Khadra – non può nulla” . Soprattutto in un paese meraviglioso, ma molto provato come l’Algeria, l’unico che solo e abbandonato dalla comunità internazionale, è riuscito a vincere il terrorismo: “Mi sono presentato alle ultime elezioni presidenziali- spiega Khadra – senza alcuna velleità di vittoria . Ho visto da vicino come il popolo algerino passato attraverso la guerra di liberazione, la guerra civile e la guerra al terrorismo sia stanco e sia endemicamente assoggettato alla rinuncia: ogni testa che si alza è decapitata”.

 

L’ULTIMO ROMANZO: GHEDDAFI, UN EROE TRAGICO – Nell’ultimo romanzo L’ultima notte del rais lo scrittore franco algerino si è confrontato con un personaggio reale. “ Quali sono state le difficoltà a misurarsi con la realtà? chiede infine Gambaro . “Ho voluto creare un personaggio tragico, lontano dai miei ideali e l’ho trovato non nella mia fantasia ma nella storia, un personaggio estremo e lontano da me , ma mio dovere – conclude lo scrittore – è indagare l’uomo sempre e comunque dovunque egli viva, perché l’umanità è meravigliosa ed è nostro dovere continuare a crederci”. A prova di questo il fatto che tra i romanzi scritti, i suoi più amati siano quelli d’amore.

 

Alessandra Pavan

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