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Sangue e passione, Giuseppe Di Piazza racconta la sua Palermo

Nella Palermo degli anni ’80, quella degli anni di piombo e della mattanza mafiosa, si muove un giovane cronista di nera, che incrocia quattro storie di sangue, passione e onore. Giuseppe Di Piazza, al suo esordio narrativo, regala pagine intense e dure come un pugno che tramortisce attraverso lo sguardo di chi si affaccia alla vita con incoscienza e voglia di evasione…
Una prosa agile e intensa per una storia amara e carica di significati
MILANO – Un’iniziazione alla vita avvenuta nel posto e nel momento sbagliati, dalle colonne di un giornale che raccontavano morte quotidiana, disperazione e voglia di scappare. È l’esperienza di un giovane cronista che si muove negli anni di piombo della Palermo mafiosa, quella che agli inizi degli anni ’80 falciava vite come grano maturo, raccontata da Giuseppe Di Piazza nel libro ‘I quattro canti di Palermo’, edito da Bompiani. Dopo trentatre anni di onorata carriera giornalistica, Di Piazza approccia la scrittura di fantasia tratteggiando storie vero-simili in una commistione di cronaca e senso di provvisorietà tipicamente umana. L’unico modo che il giovane protagonista ha per sopravvivere in quell’inferno di sangue e lacrime sono la musica, l’amore e il sesso. La magra consolazione al sentirsi inermi davanti alla morte avviene coltivando relazioni, ora fugaci ora coinvolgente, ascoltando i Pink Floyd, Cat Stevens e King Crimson, inseguendo la voglia di scappare che si annusa nel ‘quinto canto’ immaginato, quello ‘impercettibile alla vista, il più visibile per chi è andato via da Palermo: il canto dell’assenza’.
Giuseppe Di Piazza in quella Palermo era un giovane cronista di nera de ‘L’Ora’, con lo spirito intraprendente di chi è alle prime armi. L’ispirazione autobiografica prende la via dell’invenzione e della finzione nelle quattro vicende raccontate. Tra umori e sentimenti delusi e disillusi, i personaggi delle quattro storie in cui si imbatte il giovane protagonista si cimentano in uno scatto d’orgoglio che li scaraventi fuori dalla vita che loro malgrado gli è toccata. Sforzi resi vani dall’ineluttabilità del destino e dalla pochezza dell’animo umano incapace di ribellarsi efficacemente. Vengono raccontate le vicende di Mariniello, ragazzo che rinnega il suo destino di malavitoso già scrittogli dalla sua famiglia; Sophie, bellissima modella colta di sorpresa dalla drammaticità della vita; Vito, padre freddo e al tempo stesso fragile che ammazza i suoi tre figli per punire l’odiata ex moglie figlia di un boss; Rosalia, figlia alla ricerca dell’onore perduto dopo la decapitazione del padre. 
La brutalità della vita e di una città violentata dalla faida mafiosa, suscitano nel giovane protagonista il bisogno di attenuare il rigurgito verso quella realtà attraverso la musica, le letture, storie di sesso annoiato e d’amore cristallino, costruito e infine perso. Di giorno è un cronista d’assalto che a bordo della sua vespa batte le strade di Palermo, di notte dissimula la morte nelle “serate che nascevano dal caos e dal jazz”, “con le ragazze che gli cascavano dal letto a iosa”. Nelle oltre duecento pagine Giuseppe Di Piazza non svela mai il nome del protagonista, sebbene tutto il racconto sia scritto in prima persona. Un racconto in cui gli “occhi di sonno” del protagonista, che “in balìa di Palermo” cercava negli psicofarmaci il rimedio alle notti insonni o perdute, diventano la metafora di chi non ha occhi per vedere e opporre resistenza al tormento e alla disperazione quotidiana.
Il quadro completo e la ricostruzione di quegli anni fatta da Di Piazza, danno conto di un dato di fatto: solo il distacco e il ricordo riescono a sradicare l’uomo dalla violenza della società in cui vive e che subisce. L’intimità del racconto, filtrata attraverso il recupero delle immagini del passato, è emblematica della capacità dell’uomo di passare dall’imbarbarimento spietato di una società tipicamente animale, dove le pulsioni sono istintive e incoscienti, a un livello più alto di consapevolezza e civiltà tipicamente umane.
Ale84
18 aprile 2012
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